15 – 22 settembre 2015
Lo so, dovrei farmi più selfies di me che sto in studio di registrazione, ma in realtà tempo per cazzeggiare ce n’è stato davvero pochissimo, e vi dirò una grande verità: detesto farmi gli autoscatti. Mi imbarazzano a morte ma soprattutto non so farmeli! Prima di uscire un minimo decente devo smerigliarmi la faccia per un’ora e, pigra come sono, molte volte finisco per fotografare le mie chitarre (<3). Riconosco però che essendo Facebook una rete generalista a mò di Rai e Mediaset, un primo piano buca molto di più rispetto a un link intelligente e scavalca gli algoritmi di posizionamento, e perciò per esigenze di copione (cose importanti tipo livedischisessions etc) ogni tanto vi beccherete me fare le cose più inutili, tipo sorridere.
MA NON DIVAGHIAMO.
In queste due settimane Stefano e io stiamo ultimando la prima primitivissima parte in cui capire che taglio dare ai vari pezzi. Ogni volta il Maestro accende il suo POD e proviamo per ore a capire come sostituire le guide con accompagnamento da chitarra balneare a favore di riff (questi sconosciuti), ritmiche, intenzioni differenti. Siamo stati quasi a rischio Jimi Hendrix in un arrangiamento, peccato non sia passato. E’ fantastico e al tempo stesso allucinante. Ce ne stiamo come due autistici senza parlarci per interminabili minuti e proviamo qualsiasi cosa ci passi per la testa alla tastiera e poi ci confrontiamo. A volte l’intuizione arriva subito, a volte ci stai un pomeriggio e poi distrattamente ti esce l’idea migliore della giornata. Una cosa che ho imparato è che non bisogna affezionarsi troppo alle prime e solo alle proprie idee, perché spesso limitano la ricerca. E’ una rogna cercare il giusto giro dopo 8 ore, ma ne vale la pena.
Ora di canzoni ne mancano solo due, e da come stanno evolvendo le cose verrà fuori una cosa (lo dico piano perché così almeno non capite bene e non ridete forte) alternative rock. Ho sempre ascoltato tonnellate di album del genere, dai Garbage a Pj Harvey, Tori Amos, Fiona Apple, Hole… fino all’ultima scoperta suggerita da Stefano, Juliette Lewis, ma non ho mai creduto di poterlo fare realmente. Ed è una cosa assai strana. Mi spiego meglio.
Tutti pensano che Jimi Hendrix fosse un tipo poco attento alla tecnica e fan del “buona la prima!”, in realtà cercava il suono perfetto fino alla paranoia, sfinendo i suoi stessi compagni dell’Experience nelle lunghissime sessions di registrazione.
Che pezzone. Non avete mai ascoltato l’album dove è presente questa sberla? Male, malissimo.
Sto suonando in una maniera completamente diversa da quanto fatto in questi anni, il che mi fa sentire molto incapace da un lato pratico e dall’altro gasata ai massimi. E’ come se stessi imparando a suonare la chitarra di nuovo. La stessa cosa per il cantato. Sono partita con un’impronta molto rock e cantando in inglese, poi sembrava che non fosse il mio genere e ho ripiegato sull’acustico, che tra l’altro era ed è molto più facile da portare fuori nei locali. Il risultato è aver creato una comfort zone in cui so di fare bene, ma escludo a prescindere una gamma di suoni che magari darebbero la spinta più. Perchè? Bella domanda. Vivo questo momento di RI-creazione sdoppiata tra il “Wow! Suonerà da paura!” a “Oddio, saprò renderlo davvero live? Saprò cantarlo con la giusta intenzione e grinta?“.
A volte la comfort zone è peggio della friendzone.
Diamo tempo al tempo comunque. Ci sarà il tempo per capire come promuovere l’album, come trovare date, come vestirmi e truccarmi, ma per ora mi preoccupo di suonare bene. E’ come imparare a parlare di nuovo, o meglio, imparare una lingua straniera. Ci vuole un po’ di esercizio, dicono.
La cosa che mi sto ripromettendo da quando ho iniziato è di essere il più sincera possibile, e di prendere tutto come un’occasione buona per imparare. Sono sempre super severa con me stessa, ma ci sta, l’importante è che le incertezze non diventino limiti invalicabili.
E dopo questa chiusa alla Raffaele Morelli, vi saluto, alla prossima!
Ps. Domani controllate il blog, ci sarà una bella sorpresa!