Come tutti appena è uscito il nuovo singolo di Adele, “Hello”, mi sono fiondata ad ascoltarlo, o meglio, a vedere il nuovo videoclip. In soli 5 giorni, dopo 4 anni di silenzio, la nostra ha raggiunto le 100 milioni di views su Vevo, scalzando il primato di “Wrecking Ball” della nuda e pura Miley Cyrus (qui l’articolo su Fortune). La nostra si è pure concessa di far partire la canzone dopo 1 minuto di girato bello e buono, senza temere l’abbandono delle visualizzazioni (dopo il minuto di solito l’attenzione media scema) e ha vinto. Su tutti i fronti.
Ma c’è un altro aspetto su cui voglio soffermarmi. Il secondo gesto automatico, dopo alcuni giorni, è stato quello di cercare “25” su Spotify, di cui sono utente Premium. C’è solo il singolo, il disco non c’è.
Il disco vende 600.000 copie nel week-end solo in UK. Oltre 2 MILIONI di copie solo negli USA in 3 giorni. Ed è un album suonato, non necessariamente alla moda, molto piano, voce in super risalto. Per ora non disponibile in streaming.
Citando il post di Saverio Grandi, compositore, produttore e cantautore italiano
E poi esce Adele. Con un disco di classici, modern classics, per dirla alla Paul Weller. E io rido. Disco molto bello,…
Posted by Saverio Grandi Official on Lunedì 23 novembre 2015
E rileggendo un altro articolo legato agli album prodotti “suonati” (Perché i dischi suonano tutti uguali) mi vengono in mente le parole di Stefano, il mio produttore, quando cominciammo a concepire il mio disco. Parlava di Francesco Virlinzi (fondatore della Cyclope Records e produttore storico di Carmen Consoli, Mario Venuti, Flor, per citarne alcuni) e di come al tempo fosse contrario all’heavy rotation radiofonica della Carmen dei tempi d’oro. “Il fatto che me la passino in radio 50 volte al giorno fa passare la voglia alla gente di comperarsi il singolo. Perché comunque lo sente sempre”.
Ora i tempi sono cambiati e le radio commerciali sappiamo come funzionano, ma Virlinzi e l’affaire Adele hanno qualcosa in comune. La fruibilità, o meglio l’esclusività del contenuto. Se da una parte lo streaming aiuta a far conoscere artisti con cui molto probabilmente non saremo mai entrati in contatto, dall’altra svuota il disco della sua importanza (a meno che non siate feticisti o collezionisti, come nel mio caso).
Ho un interrogativo e mi piacerebbe condividerlo e parlarne con voi. Anche il mio sarà un album suonato, e con tutta probabilità non lo metterò in streaming. Adele può permettersi un’azione commerciale di questo tipo, perché sa che ha un pubblico potenzialmente molto forte pronto a investire nelle sue creazioni. Ma per un artista esordiente questo è possibile? Streaming sì o streaming no?
[Nel frattempo, vado a leggermi la shitstorm nell’evento all’Arena di Verona dei poraccih che la commentano con qualche post scontanto per raggranellare qualche like. No je da retta, Ade’.]