Faccio questo post per unire l’utile al dilettevole. Così aggiorno un po’ il sito e vi racconto un po’ come sto e come stanno andando le cose dopo l’uscita di “Antifragile“.
Comincerò così: prima di occuparmi completamente di musica, mi occupavo di social media marketing. Mi ero specializzata nel crisis management, ovvero come gestire delle crisi aziendali dovute ad errori di comunicazione o scivoloni di vario tipo (vi ricordate del caso Barilla quando il proprietario si disse contrario alle famiglie NON tradizionali (sic)? La pagina Facebook venne subissata di insulti e il marchio ne risentì).
La prima cosa che cercavo di insegnare durante i seminari era di rispondere chiaramente, con ironia, dicendo la verità, e nel momento in cui si rischiava di mentire dando un’informazione distorta era necessario rimanere in silenzio.
Così ho fatto in questi giorni.
Se avessi scritto prima, sarebbero uscite righe tristi, arrabbiate, piene di risentimento. Perché effettivamente è così che mi sentivo.
Oggi vorrei parlarvi un po’, come un’amica che vi parla davanti a una birra, dopo una passeggiata al mare in un giorno di sole.
Antifragile è uscito il 20 gennaio 2017, e per come è nato e cresciuto vederlo in carne e ossa è stata una delle cose di cui andrò più fiera in vita.
Ho cominciato completamente da zero: trasferendomi dai miei nonni con zero euro in tasca, mettendomi solamente a suonare, mettendomi in gioco come insegnante, chiedendo a Stefano [Pivato, Noshoes Recording Studio, ndr] di produrmi anche se non avevo capitali, organizzando un crowdfunding perché le mie canzoni prendessero forma.
In mezzo ci sono state molte cose molto provanti. Ma soprattutto, ho dovuto fare affidamento sulle mie sole forze per un carico di lavoro veramente eccessivo, e tutto ciò è stato alla lunga molto (molto) stressante.
Ho cercato molte volte di delegare il lavoro di promozione, comunicazione, booking e management a qualcuno al posto mio, ma ho ricevuto molte NON RISPOSTE.
Non è mai stato un problema darmi da fare in prima persona, ma nel momento in cui lavori senza nessun tipo di filtro o spalla al tuo livello le NON RISPOSTE, o I RITARDI, GLI INTOPPI, LE PROBLEMATICHE ACCAVALLATE cominciano ad avere una seria ripercussione sul tuo umore.
E in un qualche modo, ti abitui a non chiedere più una mano per il timore di un rifiuto, o di quella NON RISPOSTA che ti frustra ancora di più.
Come nel giornalismo, bad news is a good news.
Soprattutto se vorresti fare tutt’altro, cioè suonare.
Mi sono permessa di lavorare non stop dalle 9 di mattina alle 3 di notte, sono arrivata a rispondere al telefono e alle chat di Whatsapp anche durante il pranzo, a controllare Facebook e Instagram compulsivamente anche di notte. A esserci, sempre e continuamente, per tutti.
Tutto questo ha minato il mio mood quotidiano, costantemente aggressivo, e il mio ascolto verso gli altri. Ho cominciato ad avere dei problemi di concentrazione e di comprensione del testo e dei racconti dei miei parenti. Non riuscivo ad ascoltare nessun brano musicale dall’inizio alla fine. M’annoiava (Fiorella) tutto.
E’ come se la mia testa fosse costantemente satura di uno spazio che in realtà non era occupato.
Gli amici erano molto contenti di Antifragile, e cercavano in tutti i modi di farmelo capire… Ma io non ero partecipe veramente della loro gioia.
Avrei voluto smettere e scappare via lontano.
Appena succedeva qualcosa di buono, aspettavo la contropartita.
Qualche settimana fa è accaduto un evento che mi ha scossa profondamente, e come da ogni evento traumatico che si rispetti, ho fatto esperienza e imparato qualcosa.
A parte due mesi di stop forzato, non mi sono mai fermata un attimo, e l’ho fatto apposta.
Per non affrontare il senso di vuoto, una mancanza, l’oblio.
CAMPANELLO #1
Mi è venuta in mente una frase di un’insegnante delle scuole medie, che i ragazzini di oggi con una tecnologia che permette loro di trovare tutto e subito non sono abituati all’attesa, al desiderio.
Alla mancanza di qualcosa.
E la mancanza può essere utile, perché lì sviluppi il senso di ricerca, il senso di risoluzione del problema.
CAMPANELLO #2
In un’intervista fatta a Giuseppe Lopizzo (un bravissimo vocal-coach) per Radiobue si parlava di come anche i cantanti professionisti sempre più continuano a essere seguiti anche dopo gli inizi.
Perché non è detto che quando si impara a cantare poi è sempre tutto uguale.
Ci sono nuovi impegni, abitudini scorrette da modificare, un nuovo repertorio che presenta nuove difficoltà.
Un po’ come la vita.
Quello che prima poteva essere un equilibrio, per questioni vitali continua a modificarsi, e noi con esso. Nel momento in cui si continua a cadere e a rialzarsi senza camminare con continuità, forse è meglio stare un po’ in panchina.
CAMPANELLO #3
“Se pensiamo costantemente al nostro passato, non faremo altro che alimentarlo, non vivendo il presente. Come per i pensieri negativi, più ci pensiamo, più gli diamo energia”
CAMPANELLO #4
Sono diventata ciò che non sopporto.
Invidiosa e scostante.
Proprio adesso. Proprio ora, sì. Nel momento di massima esposizione.
E più uscivo e parlavo, più la vera spiegazione arrivava da… VOI.
“io ho smesso di fare date da circa un anno. Non lo sopporto più. Non sopporto più di dover portare la gente, contattare quello e quell’altro, chiedere il favore di là e di qua, guardare la sfilza infinita di “visualizzato” che si susseguono nella mia chat. Non ho mai odiato il mio lavoro così tanto”
“non mollare, (omissis), all’inizio credi che sia questione di vincere con una carica di cavalleria, ma la verità è che è battaglia di trincea, vince chi si usura meno”
“ma tu non sai quante volte mi sia successo con la fotografia. Ho venduto tutti gli obbiettivi e sono andato a lavorare come falegname per due anni! E’ normale che ti sia venuta la depressione post-partum. Non si può suonare a comando, altrimenti diventa un’abitudine”
Paradossalmente, in questo periodo mi hanno aiutato i miei allievi. E i miei amici musicisti.
I miei amici musicisti, quelli veri, perché nei momenti di fragilità ti raccontano le loro retrovie. E capisci che quelli bravi davvero si danno una mano, e non i calci in culo.
I miei allievi è come se avessero assorbito la passione che ho dato loro nei miei momenti d’amore e nel momento in cui non ero poi più così convinta sono stati lo specchio di quello che gli avevo trasmesso. E’ stato bello vedere Alisia liberare la sua voce, è bello vedere Vittoria segnarsi per bene le pronunzie dell’Hallelujah di Cohen, o Bea, che sta imparando i suoi primi riff.
E’ stato bello sentir cantare Chiara Vidonis, essere abbracciata forte da Irene Ghiotto, aver giocato a calcetto con Ilenia Volpe, rivedere Pier, Chris, Spa, Andrè e Lucia, emozionarmi con Chiara Patronella e Salvatore Alessi.
E questo accadeva FUORI.
Per una questione di cecità virtuale e mentale, rischiavo di perdermi tutto questo.
Ora posso dirmi pronta.
Riprendo a suonare e a usare i social, perché hanno dei difetti orribili, ma anche dei pregi straordinari. Ed è anche grazie e soprattutto a loro che riesco a fare ciò che faccio. Mi hanno fatto conoscere amici straordinari e un affetto di cui ero all’oscuro.
Il sistema del musicale italiano non cambierà, ma da oggi cambio un po’ io. Non so in che modo, ma cambierò.
Continuerò a prendermela a cuore? Probabilmente sì.
Ma ovviamente prendendomi sempre in giro.
La musica per me è un fatto carnale. Continuerò a volerle bene, a pretenderla, ad odiarla, a litigarci.
Perché non è un prodotto, non è un’abitudine, è un fatto terribilmente umano.
Come lo sono io.
Sorrisi a tutti. Grazie a tutti per il vostro immenso entusiasmo e supporto, vi voglio bene.
Se una ha gli amici che si merita, non son poi tanto male :-)
Eli